Month: August 2015

Bitcoin: la tecnologia richiede conoscenza.

È sorprendente l’editoriale apparso sul quotidiano nazionale del 3 agosto 2015 da parte del dott. Antonio Patuelli (sotto), firmato quale presidente ABI, dove si denota una certa confusione tra i fatti, la tecnologia e gli strumenti.

photo_2015-08-26_14-36-08Ciò dispiace oltremodo perché si inserisce nel contesto italiano volto a respingere la maggior parte delle innovazioni, tramite demonizzazione dell’utilizzo ed esaltazione dei rischi attraverso pressioni mass mediatiche che invocano soluzioni giudiziarie.

L’editoriale, in particolare, parte da un’assunzione che ci sentiremmo di emendare, considerando l’arresto di Karpeles come correlato ai rischi del bitcoin: in realtà MtGox svolgeva attività di intermediazione (exchanger) tra bitcoin e moneta a corso legale e le accuse per le quali è stato arrestato consistono in frodi contabili, truffa e appropriazione indebita in bitcoin, euro, dollari e yen (tutte previste anche nel nostro ordinamento). L’attività svolta era soggetta alle leggi giapponesi (con le autorità preposte che ne stanno seguendo il fallimento) e i fatti sono avvenuti perché gli utenti hanno affidato il loro denaro (sia ufficiale che “virtuale”) a MtGox invece di tenerli nei propri portafogli digitali o nei loro conti correnti.

Detto errore nelle premesse porta a sostenere che l’illegalità possa diffondersi in circuiti di pagamento aperto ove si sono sempre espressi con profitto imbroglioni di ogni tipo, dimenticandosi alcuni aspetti:

  1. Il primo sistema di scambio è stato il baratto, tuttora ammesso e non soggetto a nessuna autorizzazione: esistono innovazioni in merito ai crediti da baratto ed alla circolazione degli stessi assolutamente lecite.
  2. Il bitcoin è una Rappresentazione Digitale di Valore, decentralizzato, costruito sul peer-to-peer, su una blockchain condivisa il cui trasferimento è basato sulla crittografia e le cui regole di emissione sono basate su un Algoritmo Open Source (software aperto e pubblico). Il sistema può funzionare in maniera totalmente disintermediata (e su questo occorre consapevolezza da parte del sistema bancario).
  3. Il Bitcoin è conseguentemente un protocollo informatico e chiederne la regolamentazione denota scarsa conoscenza del sistema e degli studi fino a qui realizzati anche da parte di alcune istituzioni bancarie estere e internazionali (European Bank Authority, Banca Centrale Europea, etc.).
  4. Gli operatori economici del settore sono soggetti alle leggi degli Stati in cui operano.
  5. L’ecosistema bitcoin ha attratto 343 milioni di USD di investimenti nel 2014 con stima di oltre 700 milioni di USD nel 2015, principalmente in USA e Regno Unito.
  6. In tutto il mondo in cui la finanza è più sviluppata sono nate iniziative volte allo studio profondo e applicato della tecnologia che è alla base delle transazioni delle criptovalute perché riconosciuta dai maggiori attori finanziari mondiali come “la tecnologia che potrebbe rivoluzionare il mondo della finanza come lo conosciamo oggi”. Tra i nomi possiamo citare Goldman Sachs, Barclays, BBVA, Santander, UBS, il NASDAQ, il NYSE, etc. Il governo inglese ha stanziato 10 milioni di sterline per la ricerca in questo campo.

Ricordiamo comunque come le relazioni tra individui, in un’economia liberale, non attendono autorizzazioni o permessi e tale libertà permette agli individui di organizzarsi, di migliorare e di innovare.

Le innovazioni, però, sovvertono gli schemi attuali e comprendiamo l’esigenza principale dell’ABI che dovrebbe risiedere nella tutela del pubblico risparmio e del funzionamento del sistema finanziario.

Il bitcoin costituisce una di tali innovazioni e, come tutte le novità, merita e richiede studio ed approfondimento prima di qualsivoglia commento, pena liquidare per il giusto timore di frodi, un possibile percorso di sviluppo finanziario innovativo in Italia.

Invitiamo pertanto il dott. Patuelli e l’ABI ad un incontro su come le tecnologie possano sposarsi con le regole esistenti.

Vermont: allo studio la blockchain di Stato.

di Luigi Angotzi, giurista e startupper

Attualmente l’applicazione pratica più conosciuta ed usata è il bitcoin, ma la tecnologia sottostante ed in particolare la blockchain può essere utilizzata anche come un registro pubblico di Stato, per realizzare smart contract e tante altre applicazioni.

Lo scorso 3 giugno, Peter Shumlin, Governatore dello Stato del Vermont ha promulgato la Legge N. 51 (una legislazione a favore della promozione dello sviluppo economico) in cui alla sezione A3 si fa cenno allo studio ed alla successiva applicazione della tecnologia blockchain.

http://legislature.vermont.gov/assets/Documents/2016/Docs/ACTS/ACT051/ACT051%20As%20Enacted.pdf

Precedentemente anche il Senatore Balint aveva presentato un emendamento a favore dell’uso della tecnologia blockchain, affermando che:

“Blockchain technology shall be a recognized practice for the verification of a fact or record, and those facts or records established through a valid blockchain technology process shall have a presumption of validity for matters to be determined subject to, or in accordance with, the laws of the State of Vermont.”

http://legislature.vermont.gov/assets/Documents/2016/Docs/CALENDAR/sc150408.pdf

Nei prossimi anni potremmo assistere alla consacrazione definitiva della blockchain su cui si basa il protocollo Bitcoin oppure all’affermarsi di altre blockchain focalizzate più sull’esecuzione di servizi che sul trasferimento di un valore monetario.

Update from Asia

di Luigi Angotzi, giurista e startupper
Da due Paesi del continente Asiatico (Giappone e Cina) ci giungono in queste settimane nuove notizie su come si vuole intendere giuridicamente il bitcoin.

Giappone

A seguito di una causa legale intentata da un cittadino di Kyoto (Giappone) che chiedeva il rimborso dei suoi bitcoin andati perduti per colpa della bancarotta dell’exchange Mt.Gox, la corte distrettuale di Tokio, per bocca del giudice Masumi Kurachi, ha stabilito che per la loro natura immateriale e per la loro dipendenza da terzi, i bitcoin non possono rientrare nella attuale normativa sulla proprietà.

http://www.japantimes.co.jp/news/2015/08/06/national/crime-legal/bitcoins-lost-in-mt-gox-debacle-not-subject-to-ownership-claims-tokyo-court-rules/#.VcshGSbtmkq

http://www.bbc.com/news/technology-33816664
Cina 

Dopo una inchiesta parlamentare portata avanti dal deputato Leung Yiu-chung l’HKMA (Hong Kong Monetary Authority) ha ribadito le sue posizioni, non intende i bitcoin come una moneta, e come tale non rientra sotto la loro giurisdizione. 

Su posizioni simili c’è anche un funzionario del Tesoro, il Professor KC Chan, che si è dichiarato contrario all’introduzione di una nuova normativa. 

Egli tramite una risposta scritta descrive i bitcoin come “virtulal commodities”.

http://www.info.gov.hk/gia/general/201503/25/P201503250463.htm

Australia: Rapporto del Senato.

di Luigi Angotzi, giurista e startupper
La comunità giuridica che segue il Bitcoin, fin dalla sua nascita si divide nella dicotomia di chi da una parte concepisce il bitcoin come una commodity e chi invece dall’altra lo intende come una “currency”. 

Della settimana scorsa è la notizia che la Commissione Finanze del Senato Australiano, ha presentato una proposta di Legge per classificare il bitcoin come una valuta, e nello specifico una valuta digitale.

Questa è uno stralcio del parere della commissione: “The committee is of the view that digital currency should be treated as money for the purposes of goods and services tax. As such, the committee recommends that the government consults with the states and territories to consider amending the definition of money in the A New Tax System (Goods and Services Tax) Act 1999 and including digital currency in the definition of financial supply in A New Tax System (Goods and Services Tax) Regulations 1999.” 

E’ curioso il fatto che esattamente ad un anno di distanza dalla pronuncia dell’agenzia fiscale australiana (ATO) che aveva classificato bitcoin a fini GST (Goods and Services Tax) come commodity e rendendolo quindi imponibile, emerga la necessità di modificare la legislazione per escluderlo da tassazione indiretta.

Probabilmente questa inversione di marcia è dovuta al fatto che la più grande impresa nel settore dei Bitcoin, CoinJar, sei mesi fa sia sia trasferita nel Regno Unito, dove appunto si considera bitcoin come valuta e di conseguenza esente da tasse.

Per arginare un plausibile esodo all’estero delle imprese che operano in Bitcoin, un Senatore Labour Australiano dichiara: “Le opportunità per il commercio, gli investimenti, gli stipendi elevati e le alte competenze nel mondo sono molto più importanti [di qualsiasi potenziale perdita di entrate], ed esorto tutte le autorità affinché si possa attuare questo cambiamento di catalogazione.”

Inoltre aggiunge: “Senza dubbio, il vantaggio principale sarà la fiducia e la certezza che la rimozione della GST fornirà ai nostri imprenditori digitali, e le imprese straniere che vorranno lavorare qui.”

Se approvato, il cambiamento porterà la posizione dell’Australia sulla tassazione Bitcoin in linea con quello del Regno Unito (e dell’Avvocato Generale nella causa C-264/14). 

Un altro problema di natura fiscale riguarderebbe se intendere il bitcoin esclusivamente come currency (moneta) digitale oppure come valuta estera e che quindi rientrerebbe nella tassazione riservata alle valute straniere (FBT e CGT) secondo l’Ufficio fiscale australiano.

Questa interpretazione però postula il fatto che qualche Stato nel mondo abbia deciso di adottare il bitcoin come moneta a corso legale (legal tender), scelta che attualmente non è stato fatta ancora da nessun Paese.

http://www.aph.gov.au/Parliamentary_Business/Committees/Senate/Economics/Digital_currency/Report

OP Babylon e il sequestro dei wallet bitcoin

di Paolo Dal Checco

Gli investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni – in collaborazione con Europol, il Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia On Line (CNCPO) e coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia (DDA) – hanno operato in questi giorni la chiusura del mercato nero “Babylon”, raggiungibile soltanto tramite il deep web all’indirizzo “babylonxjrtdyomy.onion“. Quello che interessa dal punto di vista della bitcoin forensics non è tanto l’identificazione e la chiusura dei 14 hidden service (seppur tecnicamente interessante dal punto di vista investigativo) o il ritrovamento di oltre 170.000 messaggi relativi a trattative illecite quanto il fatto che risulta essere stato eseguito il sequestro di 14.000 wallet bitcoin appartenenti agli utenti del black market.

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OP Babylon e il sequestro dei wallet bitcoin

Canada Revenue Agency – Posizione sui bitcoin.

di Luigi Angotzi, giurista e startupper.

E’ di pochi giorni fa la notizia che l’Agenzia delle Entrate Canadese (Canadian Revenue Agency, CRA) tramite una nota ha annunciato che il Bitcoin e la valuta digitale sono assimilabili a proprietà specifiche estere ai fini fiscali.
La nota è stata scritta come chiarimento datato 16 Aprile 2015 in risposta ad una richiesta via fax datata 30 Ottobre 2014 di ulteriori informazioni per quanto riguarda il trattamento fiscale delle valute digitali nel Canada.
Nello specifico si chiede agli uffici fiscali come debba inquadrarsi la fattispecie in cui una impresa Canadese investa un determinato quantitativo di dollari canadesi (CAD $) in una “partnership” straniera che a sua volta investe in valuta digitale (ad esempio Bitcoin) e la Società estera utilizza servizi di exchange o altri metodi di trading per aumentare il valore del patrimonio netto del fondo in valuta estera.
L’Agenzia risponde affermando che i loro pareri sono volti a delineare un quadro generale sulle disposizioni di Legge e relativa legislazione e che la loro risposta non è da intendersi come uno specifico trattamento fiscale del reddito di una determinata situazione ma come uno strumento che aiuti a fare chiarezza su questo argomento.
Inoltre aggiunge che il parere tecnico richiesto, non può avere la validità di una sentenza.
La risposta è la seguente: “digital currency would be funds or intangible property and would be specified foreign property of a person or partnership to the extent that it is situated, deposited or held outside of Canada and not used or held exclusively in the course of carrying on an active business.”
Conversely, “the partnership interest would not be specified foreign property if the partnership is a specified Canadian entity”.
Non vengono fornite informazioni dall’autorità fiscale Canadese su quali siano gli strumenti tecnici utilizzati per svolgere una indagine di controllo.

http://canadiantaxlitigation.com/wp-content/uploads/2015/07/2014-0561061E5.txt